(maurizio romeo) Il campionato di Serie “A” è fermo per le qualificazioni mondiali e le partite delle varie nazionali, ma Calciofischiando non si ferma nemmeno questa settimana lasciando da parte per una volta voti e valutazioni. Al loro posto oggi c’è una lunga e piacevolissima chiacchierata con un ex arbitro che ha fischiato e diretto sui campi della serie A per conoscere un po’ di più del mondo arbitrale, spesso criticato ma mai realmente conosciuto fino in fondo.
Ad accompagnarci in questo viaggio sarà Mario Mazzoleni, 42enne bergamasco ed ex arbitro di Serie “A” e gallerista d’arte. Arrivato molto giovane alle serie professionistiche (alla CAN C dal 1998, e in CAN A-B nel 2003, esordisce in massima serie con Reggina-Livorno nel settembre 2004), è da sempre considerato molto promettente dai suoi superiori. Dirige Quasi 200 match nelle serie professionistiche inferiori prima di arrivare in “A”, ma si dimostra sempre arbitro di gran carattere e poco incline ai compromessi, uno che non ha mai mandato a dire nulla. E forse questa fu la causa, nel 2006, della sua dismissione da parte del designatore Mattei in una vicenda dai contorni ancora poco chiari, che raccontò anche a Striscia la Notizia, denuncia che cadde però tristemente nel vuoto. “I referti che vennero corretti li ho ancora tutti.” – ci ha confessato – “Ora però ho lasciato da parte il pensiero, ma al tempo ero molto arrabbiato” . Ora si occupa a tempo pieno della Art Events, marchio che raccoglie le sue quattro gallerie d’arte contemporanea (3 in Lombardia e una in Sardegna), ma l’amore per il calcio è rimasto: non è raro infatti vederlo in tv come opinionista, soprattutto sulle tv lombarde. Ha un fratello, Paolo, che dirige ancora in Serie “A” e con cui ha condiviso due stagioni di designazioni in massima serie.
Grazie a Mario cercheremo di conoscere come un arbitro di alto livello vive e prepara la sua partita, quali siano le sue reazioni del “giorno dopo” e qualche piccola curiosità di un mondo davvero molto poco conosciuto.
Buongiorno Mario, colgo subito l’occasione per ringraziarti di aver accettato di essere nostro ospite sulle pagine di Calcioparlando per aiutarci a conoscere di più di quello che è il mondo di un arbitro. Parto subito con la prima domanda: come si preparava un arbitro di alto livello come te prima di una partita?
“E’ fondamentale innanzitutto occuparsi della preparazione atletica: un arbitro, facendo tesoro di quelle che sono le sue caratteristiche fisiche e tecniche lavora con un preparatore atletico dedicato per migliorarle. Ad esempio un arbitro con le caratteristiche come le mie, alto e magari anche un po’ pesante, lavorava più sulla progressione sui primi 15 metri, cosa che mi permetteva di avere un posizionamento corretto durante l’azione. Altri arbitri con caratteristiche differenti, magari più veloci e brevilinei, lavoravano magari più sulla grande distanza. il lavoro di avvicinamento a una partita iniziava in settimana con un preparatore atletico, cosa che avviene tuttora, con test e esercizi mirati su un campo di gioco lavorando su quello che è lo spostamento in diagonale, sulle ripartenze così come sul posizionamento corretto. Come molti miei colleghi poi, mi riguardavo in settimana le partite che arbitravo per cercare di capirne gli eventuali errori e prevenirli. Avevo un amico, ex arbitro e commissario regionale, che guardava la partita in diretta tv e la registrava in modo che il martedì successivo ci potessimo confrontare, non tanto sugli episodi, che spesso sono fini a se stessi, ma sull’andamento della partita, sulla conduzione tecnica, disciplinare, comportamentale e anche su quella atletica. Per un certo periodo fu anche utilizzato uno strumento, detto “arbitrometro”, un rilevatore addosso all’arbitro che serviva per misurare le sue prestazioni atletiche che però fu presto abbandonato, ed è un peccato.”
Un arbitro non cura però solo la preparazione atletica. E’ vero che gli arbitri studiano i giocatori che si apprestano ad arbitrare?
“Li studiano eccome! Adesso tutto è molto favorito dal fatto che i giornalisti tracciano settimanalmente un profilo dei calciatori. Considera però che ora si stanno muovendo anche le società in senso inverso: qualche settimana fa Montella parlava dell’opportunità di fare delle schede di ogni arbitro e ci sono alcune squadre, proprio come la stessa Fiorentina e il Parma, che si stanno già muovendo per predisporsi in tal senso perché capiscono che in un momento come questo è importante per i giocatori conoscere le caratteristiche comportamentali di un arbitro. Si studia chi concede di più, chi meno, qual è il guardalinee più riflessivo o quello più “frettoloso”, ecc… Le squadre si muovono in questo verso, ma è un peccato che abbiano smesso di farlo gli arbitri.”
“Sotto il profilo della preparazione credo che uno dei maestri sia stato Paolo Bergamo, che ricordo sempre con particolare piacere indipendentemente da quello che può essere stato poi Calciopoli che mi interessa relativamente. Rimasi colpito quando arrivò alla CAN da alcuni aspetti che inizialmente potevano apparire banali, ma che si sono rivelati poi fondamentali nella crescita di un gruppo arbitrale molto preparato. Ti faccio un esempio concreto: Bergamo fu il primo a introdurre un allenatore, Roberto Clagluna, che parlasse di calcio con gli arbitri per spiegare le malizie e le furbizie dei giocatori. Un arbitro che arriva in Serie A non ha avuto il tempo di giocare molto a calcio. Io ad esempio ho giocato fino ai giovanissimi, prima di iscrivermi al corso arbitri a 16 anni e quindi non ho avuto il tempo di avere quelle malizie che può avere un calciatore che ha una certa esperienza. Un allenatore serviva proprio a questo: a farti capire ‘l’ottica’ del giocatore in campo, cosa che ti aiuta tantissimo anche nella disamina di alcuni falli, tattici e non. Mi rimasero davvero molto impresse queste lezioni perché ti davano la possibilità di vedere gli stessi falli con un punto di vista completamente diverso, e quelle malizie ti servivano per fare la differenza dal punto di vista tattico.”
C’è anche però una “tattica” di squadra, ovvero con gli altri componenti della squadra arbitrale, vero?
“Certamente. Un maestro in questo senso è stato sicuramente Collina. Si è cominciato con lui a fare un briefing pre-gara la mattina della partita. Convocati alle 11 in albergo, lui ci parlava un’ora anche di cose che potevano apparire banali, ma che poi in campo si rivelavano molto importanti. Un grande arbitro lo si vede dalla capacità che ha di risolvere un episodio anche perché se si mettono troppi errori in fila si rischia poi di perdere di mano la partita. Questo briefing ti permetteva proprio di non perdere di vista anche le cose più piccole e serviva per dare i giusti compiti a tutti i componenti di quella che era una volta la quaterna. Ora è diventata una mezza squadra di calcio con, a mio avviso, un valore aggiunto pressoché nullo.
Io ho fatto il IV uomo con Collina nella sua ultima partita, Pavia-Bari di Coppa Italia, giocata di domenica sera. La mattina successiva avrebbe rassegnato le dimissioni dall’AIA per la questione della sponsorizzazione di cui tanto si parlò al tempo. Non esagero se dico che Collina quella partita l’avrebbe potuta arbitrare seduto su una poltroncina a centrocampo anche solo per il suo carisma. Nonostante però fosse la sua ultima partita, il briefing in albergo nel pomeriggio durò un’ora e un quarto nel quale diede a ognuno di noi tutte le indicazioni. Solo al termine ci anticipò che quella sarebbe stata la sua ultima partita. Qualitativamente era in assoluto il numero uno anche per come sapeva gestire la squadra. Un concetto molto importante anche per gli arbitri.”
Trent’anni fa esistevano le terne fisse, ossia ad ogni arbitro venivano assegnati sempre due assistenti. Trovi che potrebbe essere utile tornare a quel tipo di designazione per garantire maggiore affiatamento fra i componenti della squadra arbitrale?
“Anche io sarei un convinto assertore delle terne fisse, ma credo che sarebbe limitante per la crescita e la carriera degli assistenti. Due assistenti che vengono assegnati a Gervasoni si farebbero il segno della croce, mentre con mio fratello probabilmente sarebbero più tranquilli. Credo quindi sia giusto che certi assistenti possano uscire con diversi arbitri. Volendo essere cattivi ti direi che trovo giusto che se hanno fatto buone prestazioni possano uscire con mio fratello, con Rocchi o con Rizzoli viceversa se hanno commesso errori che siano assegnati a Gervasoni, Giacomelli o Ostinelli…(sorride)”
Giacomelli però mi è sembrato bravo in questo inizio di campionato…
“Ti cito un esempio. Io ero a Bergamo ad assistere ad Atalanta-Udinese, partita del famoso rigore prima assegnato poi tolto all’Udinese su segnalazione del guardalinee per il ‘fuorigioco’ del giocatore bianconero che aveva subito fallo da Stendardo. Tra l’altro, fra parentesi, mi risulta che la Fifa si sia molto arrabbiata per l’interpretazione che è stata data. Un arbitro correttamente piazzato come lui e con la visuale perfetta, seppur dopo la segnalazione di un assistente esperto come Faverani, avrebbe dovuto prendersi la responsabilità della decisione e non, di fatto, lasciar decidere il suo assistente. Purtroppo il problema di fondo è che c’è una classe arbitrale che ha scarsa personalità e che subisce passivamente le segnalazioni, che diventano decisioni, degli assistenti, del IV uomo o degli assistenti di porta. La personalità dell’arbitro si misura in queste occasioni, chi ha fatto l’arbitro nota l’atteggiamento: ho rivisto il filmato e l’ho visto come sperduto, quasi in balia dell’assistente, si guarda attorno quasi come sperando che arrivi l’Arcangelo Gabriele a dargli la giusta soluzione, ma dalla faccia si vede che è intimorito”.
Ma questo tipo di casistiche non vengono affrontate nelle riunioni tecniche con i vertici dell’AIA?
“Purtroppo mi risulta che da qualche anno nelle riunioni tecniche a Coverciano non si parli più di regolamento, non si guardano più i filmati delle partite e questa purtroppo è una grossa lacuna, perché poi la domenica si vedono episodi simili che vengono valutati e interpretati in maniera completamente diversa a seconda dell’arbitro perché purtroppo manca il bandolo della matassa. Noi arrivavamo il giovedì pomeriggio a Coverciano e andavamo subito in aula, il venerdì l’allenamento era seguito da 5/6 ore di aula ogni fine settimana. Venivano analizzate tutte le partite di serie A e serie B (una volta la CAN era unica per le due serie) perché è soprattutto nella serie inferiore che crescevano meglio gli arbitri giovani. Ricordo che i designatori ci chiamavano uno ad uno per analizzare le nostre prestazioni, seguite da un dibattito in cui intervenivano anche altri arbitri come Collina, De Santis o Farina. A volte ci si scontrava anche: ricordo di riunioni in cui Collina non era d’accordo con Bergamo e Pairetto o con una decisione di un collega. Tutto però rimaneva in quell’aula e veniva approfondito parlando di regolamento, cosa che purtroppo ultimamente mi risulta non vemga più fatta. Un’altra cosa a mio avviso molto bella, e che purtroppo non viene più fatta, era la rubrica che Bergamo e Pairetto avevano sulla Gazzetta dello Sport in cui i due designatori analizzavano i casi della domenica su cui veniva richiesto loro un approfondimento. Davano una spiegazione a norma di regolamento e scevra da interpretazioni giornalistiche più o meno di parte. Un vero peccato non ci sia più.”
A proposito di spiegazioni regolamentari ricordo anche Collina che andò in TV a spiegare il perché dell’annullamento di un gol a Ganz durante un Inter-Juventus.
“Va detto che quella dal punto di vista regolamentare e comportamentale fu una cavolata astronomica, però se sei così bravo da poterlo fare è giusto che tu lo faccia. Quelle sono le cose che fanno la differenza e ti portano ad essere un arbitro Top, cosa che purtroppo in Italia non si vede da qualche anno. Di cavolate ne ha fatte anche lui, ma il suo carisma portava ad avere in giocatori e dirigenti un grado di accettazione che gli arbitri attuali se lo sognano…”
Cosa pensi dell’attuale classe arbitrale?
“Se devo essere sincero credo che la classe arbitrale attuale sia molto inferiore a quella di dieci anni fa e non solo perché gli arbitri attuali hanno molta meno personalità. Dopo Calciopoli l’AIA si è trovata con un gruppo di arbitri giovani per gestire la Serie A. Dieci anni fa quando sono arrivato io c’erano grossi arbitri a livello di personalità e carisma come Collina, Braschi, Farina, Cesari, Paparesta , De Santis, ora non vedo nessuno così all’interno del gruppo arbitrale. Rizzoli, che è un arbitro che non mi fa impazzire, è considerato attualmente il top ma non ha il carisma e la personalità come quelli che mi trovai davanti al mio primo raduno nel 2003 che ti hi citato prima. Quelli erano arbitri già con una certa esperienza, ma soprattutto con una forte personalità che poi trasmettevano al gruppo e lo spirito di gruppo è una cosa molto importante nell’AIA. A riguardo della personalità ti posso citare un esempio: Collina si ‘sceglieva’ gli assistenti e il IV uomo, preferiva avere i suoi punti di riferimento come Ivaldi, Mitro o Pisacreta per esempio, faceva un po’ il bello e il cattivo tempo, ma lui aveva la personalità per farlo. Questo era un po’ il suo difetto, ma non l’ho mai visto come esempio negativo, anzi. Avercene nel gruppo di adesso arbitri con quelle caratteristiche e quella personalità, ma non ci sono!”
Tasto importante, anche perchè la poca personalità può generare anche ‘influenze’ da parte del giudizio che si riceve. Immagino che gli arbitri leggano i giornali e guardino le tv.
“Certamente. L’ambiente tende a negarlo categoricamente, ma ti posso assicurare che in realtà si comprano i giornali, si leggono, si fanno le statistiche con le medie dei voti, ecc. Le rubriche come la tua sono molto lette dagli arbitri nonostante qualcuno ti possa dire ‘non le leggo mai, preferisco pensare ad arbitrare’. In realtà è ipocrisia.”
Questo potrebbe però influenzare l’operato di un arbitro?
“Assolutamente, soprattutto quelli con scarsa personalità e questo è un problema grosso che c’è in Italia da sempre.”
Un arbitro che commette un errore in una partita mediaticamente più importante può aver quindi paura della ‘crocifissione’ mediatica.
“E ti parlo per esperienza… Quando venni sospeso 5 giornate per un errore commesso in Lazio-Cagliari nel quale annullai un gol regolare, nelle carte processuali del mio ricorso in federazione inserii un errore molto grave di Dattilo che convalidò la stessa domenica un gol alla Juve in evidente fuorigioco con l’Udinese. Io pagai le lamentele della Lazio e di Carraro, mentre Dattilo non fu sanzionato e il mercoledì successivo andò a fare il IV uomo con Collina a Madrid in Champions League. Purtroppo è sempre stato così, a seconda di chi si lamenta di più o di meno in quel momento, ma è un problema che ci si porta dietro da sempre.”
Secondo te ci può essere una soluzione a questo problema?
“L’AIA nel corso degli anni si è ritagliata uno spazio di democrazia come la possibilità di eleggere il proprio presidente nazionale, però purtroppo sino a quando non si sgancerà completamente dalla Federazione, dalla Lega e non diventerà un organismo autonomo capace di eleggere il suo designatore certe cose ho paura che rimarranno. Considera che quest’anno ci si troverà anche ad affrontare un problema grosso: Braschi è al suo quarto anno, l’ultimo da designatore e non gli potrà essere rinnovato il mandato secondo i nuovi regolamenti. Immagino quindi che l’atteggiamento degli arbitri sarà molto diverso rispetto alle scorse stagioni: negli anni precedenti seguivano le direttive del designatore, ora non dico che ora siano ‘cani sciolti’, però paiono in ‘balia’ degli eventi. Non si sa ancora chi sarà il successore di Braschi e, non lo dice nessuno, ma sono le squadre a decidere chi sarà il nuovo designatore tramite Lega e Consiglio Federale. Chi sarà ad avere maggior influenza? Credo che certi giochi politici siano già in atto…”
Secondo te quindi anche questa è una ragione dell’attuale crisi arbitrale?
“Ti direi di si. Credo che oltre al punto di riferimento, dal punto di vista tecnico-regolamentari per le ragioni che abbiamo visto prima, agli arbitri manchi anche quello dirigenziale per il cambio di designatore. Mi risulta anche che Braschi si stia muovendo per fare dell’altro, ma rimanere in ambito calcistico. Alla fine tutto questo genera incertezza in un gruppo che di certo non ha la personalità di quello che c’era dieci anni fa.”
Rosetti potrebbe essere il suo successore?
“Più che Rosetti ti farei altri due nomi: Messina, quello secondo me più accreditato, che è ora alla CAN B e sarebbe il cambio più morbido. L’altro è Farina che è alla CAN C.”
Prima di lasciarti ti chiedo due curiosità che da sempre ho avuto. La prima: cosa fa un arbitro durante l’intervallo? Si ripassano mentalmente gli episodi per valutare gli errori? E se ci si accorge di un errore si può rimanere condizionati?
“Beh, dipende dall’arbitro. Io non ti nascondo che di solito scaricavo la tensione fumando una sigaretta. Ho smesso di fumare quando ho smesso di arbitrare… (ride) Poi si parlava anche di eventuali episodi del primo tempo. Poteva accadere che ti rendessi conto di aver commesso qualche errore. In quei casi c’è un’altra ipocrisia: tutti gli arbitri chiamano amici o parenti per sapere se hanno preso una decisione corretta. Ora sinceramente non so bene cosa facciano, ma ai miei tempi tanti arbitri chiamavano il loro presidente di Sezione, piuttosto che l’amico a casa davanti alla televisione o guardavano su internet cosa stava succedendo. Avrei tantissimi esempi anche nelle partite in cui ho fatto da quarto uomo. Un arbitro negli spogliatoi si documenta su cosa sta succedendo. Poi se è bravo non si lascia condizionare, altrimenti invece rischia di sbagliare. Un grande maestro parlando di arbitraggio mi disse che può fare due cose: arbitrare o amministrare. Se arbitri rischi di metterti contro tutti (giornali, dirigenti, giocatori, designatore), se invece amministri rischi comunque di scontentare qualcuno. Il problema grosso è quando fai tutte e due: inizi arbitrando e poi finisci ad amministrare… Tu in campo magari non te ne accorgi, ma da fuori, soprattutto chi ha un occhio più allenato, se ne rende conto che hai smesso di arbitrare e che amministri e non fai bella figura. Se sei coerente dall’inizio alla fine è difficile che una partita ti sfugga di mano.”
Secondo te, quanti sono quelli che nel mondo del calcio (giocatori, dirigenti, giornalisti) conoscono davvero il regolamento?
“Pochi a mio avviso. E secondo me sei stato fin troppo bravo. Se pensi che la risposta dell’AIA sul rigore di Atalanta-Udinese è arrivata addirittura 48 ore dopo, temo purtroppo che ce ne siano tanti anche nell’ambiente nostro che lo conoscono poco… E questo mi preoccupa, anche perché purtroppo è un problema che non riguarda solo la CAN A e B, ma riguarda anche le sezioni. Anche lì non si fanno più riunioni tecniche. Un arbitro deve essere preparato tecnicamente, fisicamente e psicologicamente. Se non lavori su questi aspetti fondamentali rischi di perdere la bussola…”
Grazie davvero Mario per la tua disponibilità e per aver metaforicamente guidato gli amici di Calcioparlando attraverso la nostra speciale rubrica “Calciofischiando” , dentro lo spogliatoio e la preparazione dell’arbitro. Un punto di vista nuovo e diverso, sicuramente molto interessante.