Archivi categoria: Stagione 2014-2015

Coppa Libertadores: trionfa il River Plate

(daniele amadasi) River Plate Campione Libertadores 2015 !!!
Questo l’esito emesso ieri sera a Buenos Aires al termine della gara di ritorno della finale di Copa Libertadores sudamericana, l’equivalente della Champions League europea.

Archiviata la gara di andata dello scorso 29 luglio disputata in Messico all’Universitario di San Nicolás de los Garza con il pareggio per 0-0 tra il Tigres UANL (Universidad Autónoma de Nuevo León) ed il River Plate, il titolo per club di campione sudamericano è stato deciso dalla gara di ritorno, disputata mercoledì 5 agosto allo Stadio Monumental di Buenos Aires, grazie alla netta vittoria per 3-0 da parte degli argentini firmata dalle reti di Alario (44’), Sanchez (74’) e Funes Mori (78’).

Il River Plate di Mister Gallardo ed il Tigres del neo acquisto milionario André Pierre Gignac dall’Olympique Marsiglia, erano approdati all’atto finale della Copa Libertardores 2015 eliminando rispettivamente in semifinale il Guaraní di Asunción (2-0 in Argentina ed 1-1 in Paraguay) ed i brasiliani dell’Internacional di Porto Alegre (1-2 in Brasile e 3-1 in Messico).

Per il River Plate, arrivato per la quinta volta in finale, si tratta della terza vittoria in Copa Libertadores dopo i trionfi delle edizioni del 1986 e del 1996 e le sconfitte datate 1966 e 1976, mentre il Tigres UANL alla prima volta assoluta allunga a tre la serie delle finali perse dai club messicani, considerando anche le volte del Cruz Azuldi Città del Messico del 2001 e del Chivas di Guadalajara del 2010.

Grazie al successo del River Plate la Copa Libertadores rimane in Argentina, considerando il successo della scorsa edizione del San Lorenzo di Almagro, rafforzando tra l’altro il primato nazionale con 24 successi in 56 edizioni, dove spiccano su tutte le 7 vittorie ottenute dagli argentini dell’Independiente di Avellaneda.

Copa America: la prima volta del Cile

(luca rolandi). Nella notte di Santiago, dopo una attesa durante un secolo, anche il Cile, finalmente, ha potuto festeggiare il suo primo alloro continentale.  La Coppa America 2015, organizzata con entusiasmo e con l’intento di portarla in bacheca, è dunque “roja” e tutto il paese può festeggiare.

Dopo due sconfitte nella sua storia, il Cile di Sampaoli, Vidal e Medel ha sconfitto ai rigori l’Argentina di Messi. Per la Pulce e la squadra nazionale si tratta della seconda sconfitta consecutive, in due anni, dopo il mondiale ora la Coppa america. Anche questo è un record…negativo. Con il campionissimi del Barca, che vince tutto con i catalani, e esce sempre sconfitto con la sua nazionale.

Non sono bastati i 90′ regolamentari e neppure i 30′ dei supplementari per decidere il vincitore della Coppa America. Ma alla fine i rigori hanno premiato la squadra che più ci ha creduto: il Cile è campione di “Copa America” 2015, giocata proprio in casa. Ed è una vittoria strameritata, visto che la La Roja ha giocato con maggiore convinzione per 120 minuti con una ottima intensità. Gara a ritmi altissimi, Cile molto concentrato, Argentina che va vicino alla rete allo scadere dei regolamentari, ma non morde come dovrebbe, soprattutto dopo l’uscita di Di Maria. Ai penalty, il Cile si vede subito che porta i suoi tiratori, con una convinzione maggiore.  Decisivi l’errore di Higuain e la parata di Bravo su Banega. Non ne ha sbagliato uno il CIle, (rischia solo Vidal) e con il gol, il quarto, realizzato da dal miglior in campo, A. Sanchez, porta a casa la Coppa America, regalando un grande spettacolo non soltanto allo Stadio Nazionale di Santiago, ma nel mondo.

Bologna in tripudio: dopo un anno, è di nuovo serie A

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(adriano ancona) Una stagione sulle montagne russe: il cambio di proprietà, una panchina che salta a maggio inoltrato, eppure c’è un Bologna che festeggia. La promozione è sua, dopo l’appendice dei play-off e un campionato estenuante vissuto tra molte criticità e quella sensazione di squadra magari incompiuta che continuava a portarsi dietro. Anche dopo l’arrivo di Delio Rossi al timone. Ma tutto è bene quel che finisce bene. Due pareggi in finale e via verso la serie A, con tanti saluti a un Pescara che se la gioca fino all’ultimo.

Se in semifinale il Bologna aveva benedetto la traversa – Castaldo poteva sbattere fuori gli emiliani nella partita con l’Avellino – stavolta è Melchiorri a far tremare un Dall’Ara stracolmo, proprio negli istanti finali. Novanta minuti da cardiopalma, durante i quali la certezza sembra regnare soltanto finché regge l’1-0 di Sansone. Il pari a reti inviolate dell’andata (anche lì un palo di Melchiorri a fermare gli abruzzesi) consente al Bologna di gestire la partita e farsi andare bene il pareggio. Ma il Pescara nel secondo tempo trova il pareggio con Pasquato, e vede crescere le proprie speranze dopo l’espulsione di Mbaye. Mezzora in superiorità numerica, al netto del recupero, per la squadra di Massimo Oddo. Ma non è sufficiente a perfezionare il sorpasso. Così trionfa il Bologna, nuovamente in serie A a un anno dalla retrocessione.

Oddo, alla prima esperienza in panchina, si consola con la conferma per la prossima stagione alla guida del Pescara. Delio Rossi dovrà invece discutere la propria posizione con la dirigenza emiliana. Sempre per le squadre impegnate nei play-off, il Vicenza e Marino si separano dopo l’exploit del tecnico siciliano (arrivato in biancorosso ad ottobre). Marino è in trattativa avanzata per un ritorno al Catania. L’Avellino, chiuso il rapporto con Rastelli, si affida a Tesser che ha appena salvato la Ternana.

Con la promozione ai play-off del Bologna in Serie “A” dopo quelle di Carpi e Frosinone al termine della regular season, si conclude quindi la stagione cadetta 2014-2015, archiviata altresì con le retrocessioni in Lega-Pro di Virtus Entella, CIttadella, Brescia e Varese.

Champions: Barca troppo forte, Juve l’orizzonte è l’Europa

(luca rolandi). Bisogna ragione a freddo e ad un giorno dall’epilogo della finalissima di Champions league, provo a scrivere una analisi serena del match e della stagione in bianco e nero. Dunque la Juventus esce sconfitta, con onore e qualche rimpianto, dalla finalissima con il Barcellona di Luis Enrique, un 3-1 netto che avrebbe potuto essere però evitato. Nessuno avrebbe pronosticato la Juve in finale. Il Barca si e anche vincente. La maturazione della squadra bianconera, agevolata anche dagli accoppiamenti, è comunque un segnale inequivocabile: la Juve per crescere deve diventare europea rivincere delle coppe.

Al netto di sfottò e applausi, che ci stanno tutti naturalmente, la Juventus all’Olimpico ha fatto il possibile. Ha preso una rete a freddo. ha lasciato un tempo ai Blaugrana, ma è riuscita a riorganizzarsi solo nella ripresa, per poi soccombere su contropiede. Qualche uomo non è stato all’altezza: Vidal nervoso, Pirlo affaticato, Tevez sotto tono. Contro la corazzata Barcellona, al grand completo, serviva la partita perfetta e un poco di fortuna, ne l’una ne l’altra si sono materializzate sul leggendario prato dei ragazzi del 2006. Proprio quei ragazzi hanno cercato di dare valore aggiunto all’assalto, inatteso, degli zebrati, benissimo Gigi Buffon, fortissimo e sempre più saggio, a intermittenza Pirlo, credo davvero, dopo una carriera straordinaria all’epilogo. Il possesso palla del Barca è stato spaventoso e il portierone bianconero ha fatto tre miracoli.

Barcellona epocale

I numeri e le statistiche non credo incidano, come le cabale e altre amenità. Ciò che conta è che il Barca è la squadra più forte del mondo, ha vinto 4 champions in dieci anni ed è sempre andata almeno ai quarti. Solo il Bayern è stato all’altezza. Non l’Inter, il Chelsea e lo stesso Real. Insomma i catalani sono una società ai vertici del calcio mondiale che punta a superare di slancio, Bayern permettendo, Milan e Liverpool, alla caccia degli eterni rivali del Real Madrid. Iniesta, Piquè, Xavi erano già la spina dorsale del Barca campione del 2006, poi sono arrivati altri fenomeni Messi, Neymar, Suarez, buon ultimo, folle ma spaventosamente efficace. Insomma Luis Enrique non è un genio o un santone ma ha plasmato una squadra che può ancora vincere per anni. La Juve avrebbe potuto anche portare il match ai supplementari magari vincere, ma va considerato che il suo obiettivo era giungere ai quarti, in considerazione della rosa e del deficit di qualità per aspirare veramente a vincere una coppa così importante. In ogni caso la stagione di Allegri è esattamente identica a quella del primo Lippi, scudetto e coppa, anzi migliore perché il viareggino fu sconfitto dal Parma in Uefa, mentre il livornese si dovuto inchinare nella Coppa più importante ai marziani catalani. Nel 1996 la Juve investì tanto e conquistò l’Europa. Ora la parola passa alla società. Per cercare di andare in fondo e quella dovrà essere la vocazione della Juventus del futuro, bisogna spendere per portare a Torino campioni veri, se si vuole vincere in Europa. L’esempio è il Bayern. Nel 2010 e 2012, in casa perse due finali. Con ostinazione e motivazione e grandi campioni si è andata a prendere il trofeo nel 2013. Così si fa. Il resto sono chiacchiere da bar.

Juve e maledizione Champions

La Juve ha un primato nella Coppa dalle grandi orecchie quello delle finali perse, superando anche il Benfica. Un rosario che parte da Belgrado per giungere a Berlino. C’è sempre qualcosa di storto o di malefico che costringe la Juve ha soccombere. Ma tra le finali perse almeno quella di Berlino è stata giocata. Non fu così a Belgrado, troppo forte l’Ajax, ad Atene dove per superbia la squadra fu superata da un abbordabile Amburgo, così come a Monaco con il Dortmud. Più equlibrate ma sempre con una Juve debole e impaurita le finali perse con Real e Milan.  6 finali sono tante troppe. La Juve deve provare a vincere e preparare la stagione per e sulla Champions o l’Europa League. Vent’anni sono troppi, gli stessi tifosi, potrebbero non accontentarsi più del primato indiscusso nella penisola. Intanto bentornata Vecchia Signora nell’olimpo del calcio. Serve un passo ulteriore. Guai a pensare di aver fatto il massimo. E lo sarebbe stato anche in caso di vittoria. Barca docet.