Tutti gli articoli di Daniele Amadasi

Alla scoperta della Napoli DeHiguainizzata

(daniele amadasi)  La mia giornata di ieri datata martedì 26 luglio e trascorsa a Napoli alla scoperta di una città “DeHiguainizzata” si è conclusa quasi in contemporanea al comunicato stampa ufficiale emesso dalla Juventus che comunicava di “aver perfezionato l’acquisizione a titolo definitivo del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Gonzalo Gerardo Higuain a fronte di un corrispettivo di € 90 milioni pagabili in due rate di pari importo nelle stagioni sportive 2016/2017 e 2017/2018”.

Ma facciamo un passo indietro ripartendo dalla mattina e dal mio atterraggio a Capodichino, addolcito da un ottimo caffè di benvenuto ma con poca schiumetta perché il barista mancino Mario sta vivendo male il fatto di dover cancellare dal suo braccio sinistro il suo evidentissimo tatuaggio raffigurante il Pipita con la maglia azzurra del Napoli.

Dall’Aeroporto passo in un tempio ragionevole nonostante l’immancabile traffico cittadino al centro della vecchia città, fra Spaccanapoli ed il Duomo con le spoglie di San Gennaro. Nella storia di San Gregorio Armeno, delle sue numerosissime Chiese, degli accessi alla Napoli sotterranea e delle strette vie degli artigiani dei presepi, scopri che il popolo partenopeo è spaccato su più fronti e non sa da che parte stare.
L’operatore ecologico Diego che lavora con in testa un cappellino della SSC Napoli dichiara di non sapere chi sia Gonzalo Higuain e di non averlo mai sentito nominare dallo speaker del San Paolo. Il vigile urbano Marino sostiene che se Higuain è andato ai rivali della Juventus sottoscrivendo un nuovo contratto quinquennale è solo colpa di De Laurentis, che avrebbe dovuto vender il calciatore all’Arsenal anche ad una cifra minore dei 90 milioni che arriveranno dai bianconeri. Lo studente Fernando sostiene che il Pipita è un traditore, non perché abbia deciso di abbandonare il Napoli, ma perché lo ha fatto amando alla Juventus.

Dalla città vecchia mi sposto al centro moderno di Via Toledo, Via Roma, Piazza Plebiscito e via Chiaia ed a pranzo il cameriere Antonio mi confida che secondo lui il Napoli l’anno prossimo sarà ancora più forte perché con il gioco di Sarri anche Gabbiadini potrà fare 30 gol a stagione, mentre la Juventus con Higuain si è indebolita perché dovrà snaturare il proprio gioco viste le caratteristiche individualiste dell’argentino.

Al caffè del Professore un collega giornalista mi conferma che gli umori calciatici della Napoli sono proprio quelli che ho raccolto in questa bella giornata di lavoro sotto il Vesuvio e così decido che non mi occorre sentire anche il termometro azzurro di Fuorigrotta, terminando il mio reportage con l’entusiasmo del taxista Giuseppe, abbonato in Curva B al San Paolo, quando dall’autoradio sente la notizia di mercato che il Napoli ha praticamente trovato l’accordo per acquistare dall’Ajax a 35 milioni di €uro il 22.enne attaccante Arkadiusz Milik.

Davanti al gate che mi riporterà a Milano, penso che nonostante lacrime e rabbia, la Napoli del calcio ma dal nobile e storico dna dei Borboni, sia già pronta ad un incoronare il suo prossimo moderno re, perché i Cavani, i Lavezzi e gli Higuain passano, mentre l’inossidabile ottimismo partenopeo resta, forte e tangibile, considerando che almeno sui sogni non potrà mai esistere nessuna clausola rescissoria.

Qui Inter: Mancini ad un passo dall’addio

(daniele amadasi) Roberto Mancini come Antonio Conte? Lo sapremo a breve seppure l’attuale allenatore del Chelsea se ne ne andò dalla Juventus nell’estate del 2014 dopo aver vinto tre scudetti di fila con i bianconeri, mentre il Mancio lascerebbe i neroazzurri dopo due stagioni deludenti caratterizzate dal mancato approdo prima alle coppe europee e poi alla Champions League.

In comune però le vicende delle rotture di Conte alla Juventus e di Mancini all’Inter hanno il fattore mercato e le divergenze di idee con quelle dei rispettivi dirigenti. A Conte non erano andate giù le mosse di mercato del duo Marotta-Paratici, mentre Roberto Mancini è letteralmente arrivato ai ferri corti sia con il Vice Presudente Thohir che con il nuovo amministratore delegato inglese Bolingbroke.

In queste ore l’Inter è in tournée a New York e da notizie già rilanciate dalle varie agenzie di stampa si è scoperto che l’allenamento pomeridiano, previsto dopo l’amichevole disputata e persa per 3-1 contro il Paris Saint Germain, è saltato e che a breve potrebbe arrivare le clamorose dimissioni di Mancini, che terminerebbe la sua avventura in neroazzurro con un anno di anticipo.

Europei: la prima coppa del Portogallo

(luca rolandi)  Non piange più Lisbona come accadde 12 anni fa nella finale in casa, persa in modo incredibile con la Grecia. La saudade è sparita e gioia vera quella lusitana che finalmente mette il proprio nome nell’albo d’oro di una grande competizione internazionale.

Salta come un grillo, nonostante l’infortunio (entrata scientifica di Payet) che l’ha tolto dalla contesa dopo pochi minuti, Cristiano Ronaldo che vince senza giocare e si porta a casa tutto quest’anno, pallone d’oro compreso.
La Francia dopo l’Europeo di Platini del 1984 e il mondiale di Zidane, non trova l’Europeo di Pogba, davvero deludente nella notte di Saint Denis.  E trova la sconfitta cocente ma paradossalmente cercata al 109 del secondo tempo supplementare grazie alla rete di Eder.
Eppure Rui Patricio era stato il migliore del Portogallo e Gignac aveva superato e calciato a rete certo del gol a 91′ ma il palo aveva detto di no. Come la traversa  di Guerreiro dei portoghesi grazie in una punizione inventata, dal pur ottimo arbitro.

Si chiudono gli europei che la Francia avrebbe voluto vincere facile e invece a perso, mentre il Portogallo partito malissimo e in sordina, giocando maluccio ma sempre con la forza di una squadra plasmata da un tecnico davvero molto capace Santos, meglio del malinconico Dechamps, grande uomo e campione, ma che con i portoghesi ha perso nel 2004 una Champions con il Monaco superato dal Porto di Mou e ora in nazionale.

L’albo d’oro dei campionati europei per nazioni di calcio 
3 titoli: Germania e Spagna.
2 titoli: Francia.
1 titolo: Italia,  Portogallo, Danimarca, Grecia, Russia,
Olanda e Cecoslovacchia.

Copa América Centenario: trionfa ancora il Cile

(daniele amadasi)  Preceduta dalla finale per la medaglia di bronzo assegnata alla Colombia grazie alla vittoria di misura per 1-0 sugli USA padroni di casa (rete decisiva al minuto 31′ del primo tempo da parte di Bacca), nel corso della recente notte italiana è andata in scena la finalissima della Copa América Centenario (1916-2016) tra Argentina e Cile, per una sfida che rappresentava il remake della finale 2015 della Coppa America solo in versione centro-meridionale.

A trionfare sul suolo statunitense al termine dei rigori dopo 120 intensissimi minuti di gara tra tempi regolamentari e supplementari caratterizzati dalle espulsioni del cileno Diaz (29′) e dell’argentino Rojo (42′) e dalle numerose occasioni da rete sciupate da Banega (1′), Di Maria (19′), Higuain (21′), Otamedi (24′), Vargas (79′ e 99′), Aguero (84′) e Messi (100′), il Cile che ha avuto la meglio sull’Argentina per 4-2 in considerazione degli errori dagli undici metri di Messi e Biglia.
Così come l’anno scorso trionfa e sempre ai rigori il Cile, mentre a fine gare un Lionel Messi in lacrime dopo la quarta finale persa tra Copa América e Mondiali, annuncia l’addio definiiovo  alla nazionale argentina.

Così nella serie dei tiri di rigori della finalissima di Copa América 2016 (al 120′ minuto Cile-Argentina 0-0): Cile 4 gol su 5 tiri (a segno Castillo, Aranguiz, Beausejour e Silva, errore di Vidal), Argentina 2 go su 4 tiri (a segno Mascherano e Aguero, errori di Messi e Biglia).